Al convegno di Gesico l’analisi dei flussi migratori e dello spopolamento della Sardegna

Presentata la ricerca sull’analisi dei flussi migratori e dello spopolamento della Sardegna.

La Sardegna, sul piano demografico, vive da anni immersa in un film con poco bianco e tanto nero. Una pellicola dal copione trito, scontato, e purtroppo confermato anche dalle statistiche più recenti.
La popolazione dell’isola ormai cresce poco e solo grazie all’apporto degli stranieri: nel 2012, gli abitanti della regione sono aumentati di 2.533 unità, ma, senza il contributo degli immigrati, si sarebbe registrato un calo di 3.182 residenti.

Non si ferma, al tempo stesso, l’esodo dai piccoli paesi dell’interno alle maggiori città costiere e dalle aree limitrofe ai capoluoghi di provincia: solo nel 2012 le province di Nuoro (-789), Oristano (-599), il Medio Campidano (-554), il Sulcis (-444) e l’Ogliastra (-28) hanno perso complessivamente 2.414 abitanti in favore delle province di Olbia-Tempio (+1.963), Sassari (+1.800) e Cagliari (+1.184).

Cresce, intanto, anche la quota di sardi che lasciano l’isola per cercare maggiore fortuna in Italia, in Europa e nel resto del mondo: nel 2012, il numero degli isolani residenti all’estero ha sfondato il tetto dei 105 mila, e la corsa, considerata la tendenza in atto, non sembra affatto destinata a fermarsi.

Il guaio, sostengono numerosi osservatori, è che in Sardegna si è instaurato da alcuni anni un circolo vizioso fatto di recessione, scarse prospettive di lavoro e di vita, spopolamento ed emigrazione.
Un quadro a tinte fosche che emerge chiaramente anche dall’analisi demografica dell’isola nel 2012 realizzata da Mauro Carta, presidente delle Acli provinciali di Cagliari, in collaborazione con Marco Sideriricercatore del CRENoS, e presentata nel corso di “Sardegna migrante”, il convegno dedicato ogni anno, ad agosto, dalle Acli della Provincia di Cagliari e dal circolo Acli di Gesico proprio ai fenomeni dello spopolamento e dei flussi da e verso l’Isola.

All’incontro, organizzato nel centro S’Ulivariu di Gesico in collaborazione con la Proloco e il Comitato Festa dell’emigrato, hanno partecipato numerosi interlocutori provenienti dalle istituzioni e dal mondo dell’emigrazione.

Tra questi l’assessore regionale al Lavoro Mariano Contu che, intervenendo dopo i saluti del sindaco di Gesico, Rodolfo Cancedda, e della presidente del locale circolo Acli, Chiara Murgia, si è complimentato con gli autori per l’importante ricerca e ha rivendicato “le numerose azioni messe in campo dalla giunta per spezzare il circolo vizioso che dalla crisi porta allo spopolamento passando attraverso la disoccupazione”.
Contu, in particolare, si è soffermato sulla recente apertura del bando per la selezione dei beneficiari dei progetti per l’imprenditorialità comunale (POIC) e dell’azione dei progetti integrati per lo sviluppo locale (PISL), già selezionati e finanziati dalla giunta, anche in chiave anti-spopolamento, con le risorse del PO FSE.

L’assessore ha inoltre ricordato “i tanti interventi promossi dall’esecutivo regionale per favorire la crescita umana e professionale dei giovani e la nascita nell’isola di nuove realtà produttive: dai fondi per il programma Master and back a quelli per il microcredito in agricoltura” fino, appunto, alle agevolazioni legate ai progetti POIC e PISL.
In tempi di tagli alla spesa pubblica – ha spiegato Contu – i posti statali saranno sempre meno e quindi lo sviluppo della Sardegna, zone interne comprese, si dovrà realizzare sempre più attraverso la creazione di nuove imprese. Soprattutto i giovani dovranno trovare gli strumenti e il coraggio per rimboccarsi le maniche e andare alla scoperta di un territorio che ha estremo bisogno di essere valorizzato sia sul piano agricolo, sia su quello produttivo e artigianale”.

Quanto all’emigrazione, l’assessore ha ricordato “gli sforzi economici sostenuti dalla Regione a favore dei circoli dei sardi in Italia e nel mondo” e ha richiamato la necessità di trasformare sempre più gli stessi circoli in “vere e proprie agenzie di promozione della Sardegna nei cinque continenti”. Una sfida apprezzata e rilanciata sia da Pierpaolo Cicalò, presidente della Faes, la Federazione delle associazioni dei sardi emigrati nel mondo, sia da Massimo Cossu, componente dell’esecutivo della Fasi, la Federazione delle associazioni dei sardi in Italia.
Entrambi hanno ringraziato la Regione per il sostegno ricevuto negli ultimi anni e hanno confermato la volontà di contribuire con forza a sostenere il marchio Sardegna oltre i confini dell’isola.
Il nostro impegno c’è tutto – ha spiegato Cicalò – anche se talvolta facciamo fatica a dialogare con alcune realtà produttive dell’isola, che non dimostrano la nostra stessa voglia di fare e di progredire. I presupposti per ottenere risultati importanti ci sono, ma serve anche tanta consapevolezza e uno spirito nuovo”.
Anche la burocrazia spesso è un grosso ostacolo allo sviluppo – ha aggiunto Cossu – perché rende difficile ciò che potrebbe e dovrebbe essere estremamente facile. Meno invidie, meno scartoffie e una maggiore collaborazione renderebbero più semplice il lavoro di chi è impegnato nei circoli e soprattutto invoglierebbero molti emigrati a rientrare nell’isola per provare a creare qualcosa di inedito”.

Sulla questione del partire e del tornare è intervenuto  in sardo e con grande efficacia, anche il regista e giornalista Tore Cubeddu, nato in Svizzera (nel 1975) da genitori sardi e tornato poi in Sardegna a metter su famiglia e a far correre nuove iniziative.
Il ritorno deve essere una libera e meditata scelta – ha ricordato Cubeddu – ognuno deve fare ciò che si sente e assecondare le proprie inclinazioni. Io sono tornato, ho deciso di abitare in un piccolo paese e naturalmente non sono tutte rose e fiori. L’importante, però, ed è ciò che vorrei trasmettere ai miei figli, è sentirsi in pace con se stessi. Se loro vorranno, potranno andare via dall’isola, non sarò certo io a fermarli. Vorrei però che la fuga non fosse dettata dalla povertà, come in passato, ma dalla curiosità. E vorrei anche che la Sardegna facesse di tutto per convincere i suoi figli emigrati a tornare: non per pagare un debito, ma per realizzare un sogno. Ecco, il mio auspicio è proprio questo: che i giovani sardi si sentano liberi di lasciare l’isola, ma poi trovino la voglia di ritornarci per migliorarla e per arricchirla con le loro conoscenze e competenze. Visti in questa chiave, i fenomeni dello spopolamento e dell’emigrazione non sarebbero infatti delle autentiche tragedie, ma delle perdite temporanee e fondamentali per la crescita della Sardegna. Sacrifici quasi necessari pur di veder nascere un domani un’isola totalmente nuova”.

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