Punto famiglia online. La giostra delle emozioni: la tristezza

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Anche questa settimana la nostra Psicologa affronterà il tema delle emozioni.

 

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Charles M. Schulz, “Il bracchetto è Charlie Brown!” n°13, Baldini Castoldi Dalai editore.

Continuando il nostro giro sulla giostra dell’emozioni, questa settimana è il turno della tristezza. Solitamente considerata come una delle emozioni a valenza negativa per le condizioni psicologiche spiacevoli che l’accompagnano, la tristezza ha un’importante funzione di adattamento all’ambiente.

La tristezza viene collegata a vissuti di perdita, solitudine e sconfitta, ad alcune tipiche reazioni fisiologiche, quali aumento della pressione arteriosa e diminuzione della frequenza cardiaca, e ad aspetti corporali come eloquio rallentato e postura accasciata.

Sebbene non sia proprio piacevole sentirsi triste, è molto importante darsi il permesso di sentirsi e mostrarsi triste: come mai?[1]

La tristezza ci consente di segnalare all’altro che abbiamo bisogno della sua presenza e sostegno, in un momento per noi difficile; alcuni segnali corporei, e lo stesso pianto, permettono di esprimere agli altri ciò che proviamo e segnalano loro il bisogno di vicinanza e aiuto.

Inoltre, ci permette di prendere una pausa dagli avvenimenti esterni per attivare un percorso di riflessione sugli eventi dolorosi che abbiamo vissuto così da potergli dare un senso, elemento fondamentale nel processo di elaborazione degli eventi spiacevoli.

La tristezza ci segnala che qualcosa non va e rifletterci e capire cosa sia è anche uno stimolo al cambiamento: se sto soffrendo per questo, cosa mi serve di diverso per stare bene?

A volte pur di evitare di sentirci tristi, siamo disposti a metter in atto una serie di strategie con cui ci allontaniamo da questa emozione: dal riempirci l’agenda di cose da fare così da non avere tempo per esser in contatto con la tristezza, all’uso di farmaci. La conseguenza è che ci priviamo della possibilità sia di capire cosa vogliamo cambiare da questo momento in poi nella nostra vita, sia di apprendere strategie utili per gestire e vivere la tristezza. Quest’ultimo aspetto è molto importante, perché la vita è fatta anche di esperienze tristi che fanno parte dell’esistenza umana e che facendo così non impareremo mai ad affrontare.

Nella vignetta che ho scelto per accompagnare questo pezzo, io credo che Lucy trovi conforto non tanto nella toffoletta, quanto nel fatto che ha l’occasione di sedersi vicino ad un fuoco con un amico, entrambe esperienze molto calde e piacevoli”.

Dott.ssa Nicoletta Serra
Psicologa Psicoterapeuta Punto Famiglia Acli

Bibliografia

Schaffer R. H. (2005), Psicologia dello sviluppo. Un’ introduzione, Rffaello Cortina Editore

Gavazzi I. G. (2009), Psicologia dello sviluppo emotivo, il Mulino

Rollo D. (2005), Breve dizionario di psicologia dello sviluppo e dell’educazione, Carocci editore

[1] Diversi sono i fattori che possono intervenire nel determinare la regola “non va bene sentirsi triste, non va bene farsi vedere triste” che vanno da fattori culturali, per cui per esempio se ci mostrassimo tristi verremo valutati come deboli, a credenze e vissuti personali, come essere convinti che non troveremo nessuno disposto a starci vicino.

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