Rapporto Mete 2023: la sintesi dei temi

Ieri si è svolta a Cagliari presso la Fondazione di Sardegna la presentazione del Rapporto METE 2023. La ricerca è stata presentata dal presidente regionale delle ACLI Mauro Carta, e da Vania Statzu e Alessandra Pisu componenti del gruppo di lavoro CREI-ACLI Sardegna. Dopo i saluti dell’Assessora Ada Lai, è seguito un vivace dibattito animato da Luisa Salaris, professoressa di Scienze economiche e statistiche presso l’Università di Cagliari e dai consiglieri regionali Alessandra Zedda e Valter Piscedda. Riportiamo una breve sintesi del rapporto.

Il rapporto di ricerca curato dal CREI ACLI analizza il fenomeno delle migrazioni e la situazione demografica e socio-economica della Sardegna; il progetto si pone in continuità con il lavoro svolto negli ultimi anni, anche grazie al contributo della Regione Sardegna. L’obiettivo di analizzare i flussi migratori e, perché strettamente correlati, i fenomeni demografici, è orientato a fornire importanti informazioni finalizzate all’analisi e alla programmazione. La raccolta sistematica dei dati e l’analisi dettagliata degli indicatori demografici e dei flussi migratori regionali, intende contribuire a fornire un quadro aggiornato del contesto regionale, aperto a interpretazioni che consentono una lettura consapevole e ragionata dei punti di forza e di debolezza del fenomeno osservato, tali da offrire utili strumenti di policy a supporto delle scelte politiche di gestione, pubbliche e private.

Fondamentale per l’analisi in oggetto è la conoscenza dell’andamento demografico regionale. Anche in questo rapporto si evidenzia una situazione demografica con forti criticità.
Il numero di abitanti continua a diminuire; dal 2016 ad oggi la Sardegna ha perso 83.110 abitanti pari a circa il 4,4% della sua popolazione. Per avere una idea immediata della consistenza della perdita, è come se fossero scomparse Oristano, Nuoro, Bosa e Castelsardo. È una diminuzione continua, a velocità aumentata a partire dal 2019.

Il tasso di natalità è il più basso in Italia e quasi tutti i comuni presentano un saldo naturale e migratorio negativo; si rischia di avere, in pochi anni, una bassissima percentuale di persone in età lavorativa e un aumento ulteriore di anziani ultrasessantacinquenni. I dati per regioni storiche e nuove 8 province mostrano alcune differenze interessanti tra territori: in particolare spicca la Gallura, unico territorio che sembra continuare a crescere, assieme a poche isolate eccezioni.

Sul piano delle migrazioni si è lavorato per approfondire ogni elemento di conoscenza sia sul fronte dell’emigrazione che dell’immigrazione.
In merito all’immigrazione, si è arrivati ad una fase di stasi con una forte riduzione numerica. Abbiamo avuto modo di verificare che sul versante delle immigrazioni in Sardegna la popolazione di nuovo ingresso prevalgono i titoli di licenza elementare o di media inferiore, una quota minima possiede un diploma professionale, molti sono privi di ogni titolo di studio.
In gran parte mostrano esigenze formative anche collegate alle attività lavorative avviate.
Nella definizione delle aree informative di successivo sviluppo del lavoro di analisi, si è determinata la necessità di approfondire gli aspetti che attengono alla domanda formativa degli immigrati in relazione agli sbocchi possibili sul mercato del lavoro.
Una particolare analisi sulla “care economy”, ossia sul lavoro di cura e assistenza soprattutto agli anziani, ha evidenziato come la Sardegna sia in condizioni di peculiarità rispetto al resto d’Italia con una bassa presenza di immigrati in questo ambito lavorativo. Ugualmente interessante notare come siano sempre di più i giovani argentini, che decidono di trasferirsi in Sardegna con la speranza di trovare un lavoro e di ottenere la nazionalità italiana; è un flusso migratorio da sostenere con politiche di inclusione e di accoglienza, per facilitare l’inserimento nella nostra regione.
In generale, se si eccettua il caso specifico degli argentini, la Sardegna non solo non riesce ad attrarre nuovi migranti, ma non riesce a trattenere neppure quelli che ci sono.

Sul fronte dell’emigrazione sono stati osservati i dati relativi alla presenza di sardi all’estero analizzati sulla base di due fonti: da una parte gli iscritti all’Aire, l’anagrafe degli italiani all’estero e, dall’altra gli iscritti ai circoli dei sardi all’estero, ossia la rete sostenuta dalla normativa regionale sull’emigrazione. Sono numerosi gli elementi che sono emersi da questo confronto, che meritano di un’attenzione non superficiale da parte del decisore pubblico che voglia considerare la rete dei sardi fuori dalla Sardegna come una risorsa per l’economica regionale e per l’identità culturale dell’isola.

Presentiamo, come dato costante del nostro Osservatorio, il monitoraggio sui flussi e sulle trasformazioni demografiche in corso nella Regione considerando anche le analisi sulle decisioni degli studenti sardi; anche attraverso un’azione di Osservatorio Permanente si può provare a comprendere le motivazioni che di tempo in tempo inducono i giovani a spostarsi per studio fuori dalla Sardegna. Abbiamo valutato come utile una rappresentazione, sul piano demografico, dell’andamento delle immatricolazioni, delle iscrizioni e dei laureati delle due Università sarde.

Ugualmente interessante è il capitolo legato al dato demografico e ai redditi nei comuni, sia complessivi che rappresentati in base alla suddivisione tra redditi da pensione o da lavoro dipendente o assimilati; emerge un quadro di interesse che permette di sostenere una linearità proporzionale tra quantità di popolazione e livello di reddito anche se non costante. Vediamo dunque che i comuni più grandi sono anche i più ricchi ma non c’è corrispondenza perfetta perché vanno ad incidere fattori quali la specializzazione economica, la presenza di infrastrutture rilevanti e la specializzazione come centro amministrativo.

Rappresentano una novità dell’attuale volume i dati relativi alle regioni storiche della Sardegna e soprattutto quelli del patrocinio gratuito da parte del ministero del welfare attraverso i Patronati, sia verso gli immigrati in Sardegna che verso i sardi residenti all’estero.

La fotografia della situazione mostra dunque la tipologia di interventi di cui hanno necessità gli immigrati e ma anche quelli di cui usufruiscono i sardi all’estero rispetto al totale della popolazione italiana.

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La ricercatrice Vania Statzu commenta brevemente i dati “Lo scorso anno sembrava esserci un leggero arresto della dinamica in calo e invece il dato del 2023 vede una nuova accelerazione con -12mila persone. Il dato del saldo naturale è preoccupante: solo 6 comuni hanno un saldo positivo ma si tratta di piccolissimi comuni con una o due unità di nati in più dei morti. Tutti perdono popolazione, indipendentemente dalle condizioni economiche. In merito a migrazione ed emigrazione emerge che la Sardegna non è atrrattiva per chi decide di trasferirsi per trovare lavoro”. Questo invece il commento del consigliere regionale del PD Valter Piscedda, che in passato è stato anche presidente regionale delle ACLI: “Arginare un fenomeno come lo spopolamento della Sardegna è un’opera molto difficile ma tutto va tentato quantomeno per ridurlo. Uno degli elementi che potrebbe contribuire al suo rallentamento è assicurare la presenza di servizi sanitari e socioassistenziali decenti e fare in modo che i costi economici e sociali non siano a carico dei cittadini. L’abbandono sanitario di ampi territori della Sardegna non sta solo implementando la fuga da questi centri ma sta causando anche un peggioramento generale della qualità della vita. I suggerimenti dati dal rapporto METE frutto del lavoro del CREI-ACLI sono preziosi e vanno considerati affinché si possano elaborare attività di medio e lungo periodo”

Da sinistra: Ada Lai, Mauro Manca, Alessandra Pisu e Vania Statzu. Nella foto sotto: Valter Piscedda, Alessandra Zedda e Luisa Salaris
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