Uniti per un Welfare generativo di responsabilità e benessere

Uniti per un Welfare generativo di responsabilità e benessere.

Tre assessorati regionali coinvolti, più di 20 organizzazioni sarde del Terzo Settore aderenti all’Alleanza contro la povertà in Italia si sono incontrati per discutere insieme come cambiare i meccanismi che regolano il sistema del Welfare in Sardegna.

L’incontro del 15 febbraio al Seminario diocesano di Cagliari ha visto la partecipazione attiva di diversi esponenti della Giunta Regionale, degli enti locali e del terzo settore e ha aperto la via ad un dialogo che vuole riscrivere in modo collaborativo i meccanismi per una riforma del Welfare che sia preventivo e generativo di responsabilità e benessere.IMG_4367

Gli interventi sono stati tanti. Gli Assessori regionali Arru, Mura e Firino e il presidente della Commissione Sanità Raimondo Perra hanno sottolineato come la presenza di rappresentanti di diversi assessorati è indice della trasversalità degli ambiti che il problema “povertà” tocca. Illustrando quelle che per ciascun ambito sono le criticità di intervento nel percorso di contrasto della povertà, gli assessori hanno portato all’attenzione gli aspetti sui quali dover ancora lavorare. Uno di questi, ha fatto notare l’assessore Arru, è la sostenibilità del sistema di servizi, in particolare di quello sanitario. «Dobbiamo ragionare in una prospettiva a lungo termine» ha ricordato Arru «perché fra 10 anni il 25% dei sardi avrà più di 75 anni».

Presente anche l’Assessore alle Politiche sociali e Salute del Comune di Cagliari Luigi Minerba il quale, apprezzando la ricchezza e varietà delle organizzazioni dell’Alleanza, ha commentato come un’importante segnale di coesione la volontà dei presenti di individuare una strategia collaborativa tra pubblico e privato sociale.

A seguito di un lungo processo, il Governo ha finalmente preso coscienza della necessità che l’Italia si dotasse di uno strumento a contrasto della povertà ed è riuscito soltanto nel 2016 ad inserire dei provvedimenti parziali nella Legge di Stabilità di recente approvazione. Allo stesso modo a livello regionale l’amministrazione ha studiato degli interventi che prevedono la predisposizione di un reddito di inclusione e che dovranno essere discussi in Consiglio. A livello nazionale l’Alleanza contro la povertà in Italia, nata nel 2013, ha potuto portare all’attenzione di tutti l’urgenza di un cambiamento immediato nel trattamento delle povertà, presentando contestualmente la proposta dello strumento del Reis.

E l’analoga criticità della situazione ha portato anche nell’isola il Tavolo regionale dell’Alleanza contro la povertà in Italia ad avviare una campagna di sensibilizzazione e di ricerca del dialogo con le amministrazioni locali per contrastare un fenomeno in preoccupante crescita. Un ruolo di coordinamento all’interno dell’Alleanza ce l’hanno le Acli che, attraverso il presidente Fabio Meloni sono riuscite ad avviare un percorso di collaborazione nel Tavolo sardo che, fortemente coeso intorno ai principi che hanno nutrito la causa, è stato in grado di coinvolgere nel dialogo anche l’amministrazione regionale.IMG_4368

«Povertà come deprivazione economica, relazionale e culturale. Dal 2008 ad oggi un sardo su 10 vive in condizione di povertà dalla quale è facile rischiare di cadere nei labirinti della ludopatia e dell’usura», ricorda Meloni, e sottolinea come la povertà inizi nel momento in cui un individuo sente socialmente solo. «I punti sensibili dei nostri territori (patronati, centri di ascolto, mense, ecc ..) si sono resi conto che le politiche sociali sono ad oggi insufficienti. Le povertà ci sono sempre di più e sono cambiate perché coinvolgono uomini e donne che fino a qualche anno fa avevano un reddito. Sono legate – conclude Meloni – all’assenza di relazioni e coinvolgono diversi aspetti della vita degli individui, dall’istruzione alla sanità».

L’elemento innovativo della proposta dell’Alleanza è l’abbandono della prospettiva assistenzialistica per avviare un percorso di emancipazione degli individui che li renda gradualmente autonomi e di nuovo parte attiva della società. Ciò che infatti genera povertà non è soltanto la mancanza di beni materiali ma l’esclusione sociale che spesso determina abbandono scolastico e uscita dal mercato del lavoro. Quando si parla di povertà si deve tener conto del fatto che la deprivazione materiale è la precondizione per altre privazioni dell’individuo. E allora occorre pensare a delle soluzioni che attivino dei circoli virtuosi nei quali i cittadini siano protagonisti guidati della propria emancipazione sociale ed economica. Restituire loro la dignità attraverso il reinserimento in una società che per definirsi tale deve necessariamente essere inclusiva. L’inclusività passa, in particolare, per le politiche che riguardano l’istruzione e quelle del lavoro che devono dare delle risposte personalizzate perché ciascun individuo ha una storia unica e ha bisogno di risposte adeguate.

Dal punto di vista metodologico voler affrontare il problema della povertà è sì ambizioso ma è anche improrogabile. Quello che questa mattina è emerso dagli interventi è che è evidente a tutti la necessità di riformare il Welfare regionale e nazionale analizzando ciò che si è fatto sino ad ora, cosa ha dato i suoi frutti e cosa no. Da qui bisogna allora dimostrare di avere il coraggio di riformare, provando a ripartire dai servizi, verificando puntualmente quali risorse possono essere messe a disposizione e quali sono le professionalità che occorrono per far funzionare il nuovo sistema. Qualcuno ha sottolineato l’importanza di istituire in seno alla Regione un osservatorio sulle povertà che permetta – con l’aiuto delle organizzazioni del Terzo settore – di avere uno sguardo puntato costantemente sul contesto di riferimento. Analizzare l’efficacia sociale di qualsiasi tipo di intervento e ragionare in una prospettiva che mette al centro l’individuo nella sua interezza. Sino ad oggi le amministrazioni locali sarde hanno dovuto gestire singolarmente i vari livelli di assistenzialismo. La proposte del Reddito di inclusione sociale (Reis) è invece una proposta di sintesi che vuole favorire la nascita di una rete territoriale di amministrazioni pubbliche e terzo settore che lavora all’interno di uno schema nuovo di assistenzialismo che evita quindi disparità di trattamenti a livello nazionale.IMG_4370

Ottimizzare le risorse e predisporre delle politiche integrate è dunque quello che auspicano i protagonisti di questa nuova via di dialogo e collaborazione tra pubblico e privato sociale. Un cammino che si potrà percorrere in modo efficace soltanto tenendo a mente l’obiettivo principe – fare il bene – con l’attenzione ai destinatari ultimi delle azioni e non separando gli interventi dall’intera competitività del sistema.

 

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